giovedì 7 maggio 2015

Crollo lento o rapido, ma nessuna ripresa



Questo post è dedicato agli Usa e all'Europa. Naturalmente anche l'Italia non potrà prescindere dal destino mondiale. Non saranno le manovrine inutili dei nostri amati premier ad evitarci l'inevitabile.

Negli Usa la Fed ha solo due possibilità. O lasciare le cose come stanno, osservando il lento declino dell'economia americana, oppure intervenire ponendo fine alle politiche monetarie espansive ma provocando un crollo improvviso delle borse e di conseguenza dell'economia reale.

"Gli Stati Uniti sono di nuovo in recessione? Di dubbi ce ne sono pochi, a meno che non si voglia credere alla retorica del govcerno Obama e dei mezzi di informazione. Il problema è quanto sia già profonda questa recessione e cosa questo comporti a livello non solo economico ma anche geopolitico, essendo la situazione attuale un combinato di più fattori che non possono prescindere, ad esempio, dalla guerra valutaria in atto o dal ruolo sempre più preponderante della Cina sullo scacchiere globale.
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arrivava il primo dato del GDPNow della Fed di Atlanta riferito al secondo trimestre, dopo aver chiuso la previsione sul primo a +0,1% contro il +0,2% del dato ufficiale del Bueau of Economic Analysis. La lettura era tutt’altro che incoraggiante: +0,9%, un livello recessivo. E la mia non è una valutazione personale. Dando per scontato che il dato della Fed di Atlanta resti tale – e ne dubito, parecchio – dobbiamo aspettarci una crescita economica per la prima metà del 2015 a 0,5%, dato che implica un fatto: qualsiasi lettura sotto il 4% di crescita del Pil nel secondo trimestre ci consegnerà la crescita economica statunitense più debole dal 2011 ad oggi!"

(www.rischiocalcolato.it)

Quindi la Yellen che farà? Non si sa. E' una sfinge.

"Oggi le parole insignificanti della Yellen sulla sua mancanza d’impazienza erano piuttosto patetiche. Le sue esternazioni farebbero sembrare sensate le farneticazioni degli stregoni del medioevo.

Ma a differenza dei media finanziari addormentati, la Yellen ha qualcosa da nascondere dietro tutte queste insensatezze. Ogni mese che passa lei e la sua allegra banda di stampatori sono sempre più impietriti all’idea di dover “normalizzare” i tassi d’interesse — anche se stanno cominciando a rendersi conto che il proseguimento della ZIRP intensificherà la dipendenza del mercato dalla speculazione rampante, dai carry trade connessi al denaro quasi gratis e dai rischi connessi alla stabilità finanziaria.

Ma la nuova preoccupazione della FED, che lo tsunami di liquidità possa avere effetti indesiderati, possiamo paragonarla alle chiacchiere durante un funerale. E’ troppo tardi per preoccuparsi di una bolla finanziaria che è diventata pericolosamente grande; ed è anche troppo tardi per pensare che possa essere ignorata con qualche discorso ingarbugliato.

La FED è finita in trappola per un motivo molto semplice: si sta chiudendo il cerchio della sua storia. Ad oggi abbiamo avuto tre decenni d’inflazione monetaria sempre più aggressiva — una tendenza corrosiva che sta culminando in quelli che ormai sono 80 mesi di tassi a zero nel mercato monetario e una monetizzazione massiccia di quei debiti che hanno alimentato il consumo di lavoro reale e capitali.

Inutile dire che questa situazione ha generato uno scollamento pericoloso e sempre crescente tra l’economia reale e il valore nominale di quegli asset nel sistema finanziario. Questo scollamento è stato chiamato “finanziarizzazione”, ma equivale agli stimoli monetari della FED; la liquidità aggiuntiva è stata essenzialmente sequestrata all’interno del sistema finanziario in cui genera un’inflazione persistente nei valori degli asset. Cioè, lo stimolo monetario non lascia mai i canyon di Wall Street."

(www.rischiocalcolato.it)

Una trappola da cui gli Stati Uniti non sanno come uscire. Continuare con la stampa di dollari del quantitative easing è ormai pericoloso. Si rischia di far crescere una pericolosa bolla che può esplodere in qualsiasi momento. Anzi sono anni che vari economisti, opinionisti, esperti ci avvertono che il tempo è scaduto, che da un momento all'altro può crollare tutto.

Quindi la Yellen potrebbe continuare ad aver pazienza, magari eliminare il Qe, ma non toccare i tassi d'interesse ufficiali lasciandoli a zero. Sperando che facilitino nuovi prestiti ad imprese e cittadini, che possano trascinare un poco la ripresa. Ma la ripresa non arriva. Gli americani non consumano e non vogliono fare nuovi debiti.

"Non vi è alcuna trasmissione della politica monetaria verso l’esterno, verso l’economia reale, perché il canale del credito a famiglie e imprese è rotto. Questa condizione è in parte dovuta al picco del debito delle famiglie, il che significa che non possono accendere ulteriori prestiti, anche se il costo dell’interesse è praticamente gratuito"
(www.rischiocalcolato.it )

Allora tanto vale alzarli questi tassi, come ha sempre ventilato la signora Yellen. O no.

"Gli investitori operano in un contesto mondiale di liquidità che sta evaporando e l'aumento dei tassi sui fed funds Usa scatenerà oscillazioni di mercato che potrebbero avere conseguenze catastrofiche. E' l'avvertimento arrivato dall'Istituto di Finanza Internazionale
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A rischio è proprio la liquidità di mercato, intesa come la facilità che ha un investitore di acquistare o vendere uno strumento finanziario senza muovere il suo prezzo; una liquidità, ora, più rara, dal momento che diverse banche di investimento - che tradizionalmente hanno sostenuto la liquidità in momenti di stress - hanno ridotto le loro attività.
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Adams ritiene che il primo rialzo dei tassi in Usa non riuscirà a impedire l'esplosione di bolle in alcuni mercati dei debiti denominati in dollari dei paesi emergenti. 
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Potrà essere anche la manovra (di rialzo dei tassi) più trasparente della storia monetaria, ma una volta che si inizia quel ciclo, sicuramente non mancheranno le turbolenze", ha detto.

In particolare, le economie dei paesi in via di svuluppo che hanno accumulato enormi quantità di debito rischiano più di tutte una fuga di capitali.

"I mercati emergenti caratterizzati da fondamentali deboli, da regimi di politica incerti e i mercati che hanno fatto ricorso in modo eccessivo ai prestiti potrebbero assistere a momenti di forte volatilità, andando in avanti. Ora è il momento di creare buoni espedienti e cuscinetti contro i potenziali rischi al ribasso". Continuando, Adams ha affermato di essere preoccupato in quanto "ci sono diversi paesi in cui si è verificato un incremento tremendo dei debiti corporate denominati in dollari: dunque, esiste un rischio di cambio, ma anche un rischio sul debito. La domanda è: parte di quel debito esploderà?"."
(www.wallstreetitalia.com)

Aumentando i tassi si potrebbero verificare due fenomeni devastanti. Uno è quello della fuga dai paesi emergenti appunto. L'altro una fuga dall'azionariato Usa, a causa dell'esposizione di molti investitori che hanno preso in prestito denaro per investire in Wall Street. Non appena le banche Usa smetteranno di prestare facilmente, o non sarà più vantaggioso farlo, i titoli azionari potrebbero crollare. Oggi sostenuti fra l'altro anche dal buyback delle grandi società americane come spiega il Sole24ore.

"cosa sono i buyback?
Sono semplicemente il riacquisto delle proprie azioni da parte della società che le ha emesse. E visto che una compagnia non può essere azionista di se stessa, i titoli riacquistati vengono assorbiti e quindi cancellati. Il valore delle azioni circolanti finisce così per incrementarsi
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alla prossima crisi ci troveremo con un mercato azionario «che cadrà da un livello gonfiato dai buyback e con società con uno stato patrimoniale meno solido di quello che avrebbero avuto restando ferme», sottolinea lo strategist di Kairos. E quelle che lo stesso Warren Buffett definisce quotazioni “gonfiate” potrebbero esplodere all'improvviso, precipitando. Senza contare il debito. Il gioco del buyback prevede infatti che si prendano soldi in prestito a tassi infimi."

(www.ilsole24ore.com)

Se la Fed e l'America sono intrappolati nel Quantitative easing unito ai tassi zero, l'Europa è nella trappola dell'euro. Una trappola che si rende evidente con quanto avviene nelle trattative greche. Dove sembra sempre che Tsipras stia per cedere, ma in realtà tiene il punto. Tanto che ora è riuscito a dividere il fronte troika.

"Il governo greco tenta l’affondo al termine di un’altra giornata di negoziati molto difficili. Secondo l’esecutivo guidato da Alexis Tsipras lo scenario è il seguente: Ue e Fmi seguono «strategie differenti» sulla Grecia, con la prima che chiude a una ristrutturazione del debito e il secondo che non cede su pensioni e lavoro.
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il governo di Atene, si legge in un comunicato, «ha deciso di non legiferare sulle riforme prima di un accordo» tra i creditori stessi.
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Ma cosa è successo esattamente? Secondo il “Financial Times”, il Fondo Monetario Internazionale avrebbe chiesto agli altri due membri dell'ex troika (i creditori istituzionali della Grecia, oggi Gruppo di Bruxelles), Commissione europea e Bce, una svalutazione (sarebbe il secondo haircut dopo quello del 2012 per 100 miliardi di euro) del debito del paese ellenico, senza la quale l'istituto di Washington avrebbe minacciato di non versare la quota di sua competenza (pari a circa la metà) dei 7,2 miliardi di euro
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Il ministro tedesco delle Finanze,Wolfgang Schaeuble, ha smentito, anche perché a pagare la ristrutturazione sarebbero solo gli europei, non certo l’Fmi che i soldi prestati li rivuole tutti indietro per statuto. Anzi non può prestare soldi se non c’è la certezza della loro restituzione."
(www.ilsole24ore.com)

I creditori greci entrano in contraddizione. Del resto la Grecia è un pozzo senza fondo. Il debito non accennerà a diminuire, soprattutto proseguendo le politiche di "risparmio", cioè di austerità. Tutti l'hanno capito, ma solo l'Fmi ha il coraggio di dirlo, poiché il default parziale greco verrebbe scaricato sui partner europei della troika. L'Fmi in cambio vorrebbe mettere le mani su quanto resta della polpa greca, l'Ue e la Bce invece vorrebbero evitare un ennesimo (quanto inevitabile) passivo. Questo è l'euro, cari signori della grande finanza. Benvenuti nella trappola della moneta unica.

Fra i due litiganti il terzo gode? No perché il terzo è il popolo greco, che rimane in questi giorni sospeso in un limbo. Ma è evidente che prima o poi qualcosa di spiacevole succederà. I sacerdoti dell'euro, se vorranno conservare la moneta unica, dovranno mettere in conto dei costi piuttosto alti. Cioè un default del debito greco, vale a dire un taglio nei bilanci delle banche europee che custodiscono titoli greci. Ma anche un grexit, cioè l'uscita della Grecia dall'euro sarebbe un costo per l'Europa eurista.

E la Grecia è solo la pedina piccola. Il loro cruccio è evidente: se cederanno sulla Grecia, poi sarà la volta di pesi massimi come la Spagna o... l'Italia. Di riffa o di raffa si andrebbe verso quello che i tedeschi non vogliono a qualsiasi costo: la condivisione dei debiti attraverso la loro cancellazione parziale.

I mercati l'hanno capito. Ieri mattina lo spread italiano è balzato improvvisamente a 140, per poi tornare a 125. Qualcuno di grosso si è scaricato un peso pericoloso?

"All’indomani di una seduta segnata dai nuovi timori sull’esito della trattativa tra Atene e i suoi creditori sui mercati europei sconfermano molto volatili. Soprattutto sul segmento dei titoli di Stato, vittime di una vera e propria fuga che a livello globale ha bruciato 430 miliardi di dollari
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Oggi sono tornate le vendite sui Bund tedeschi, i cui tassi hanno toccato per qualche minuto lo 0,6% sulla scadenza decennale
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Si sono mossi al rialzo (per effetto delle vendite) anche i tassi dei BTp italiani. Il rendimento del decennale è arrivato quasi a toccare quota 2% c"
(www.ilsole24ore.com)

Scoppierà prima la bolla americana o la crisi dell'euro? E' una bella gara. Qualcosa di grosso comunque succederà. Ultimamente le banche centrali sembrano aver perso il tocco magico, sembrano a corto di idee e soprattutto spaventate per quanto hanno fatto fino ad oggi distorcendo i mercati finanziari in modo abnorme.


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