sabato 24 agosto 2013

Un euro = mille lire


Ritorno su un argomento antico e per molti economisti del tutto populista. Quello dell'introduzione dell'euro e sulla cattiva gestione della procedura medesima, che si imputa a Berlusconi. Effettivamente credo ci sia stata una certa leggerezza. Non so se è da imputare completamente al governo Berlusconi, o tutti i passaggi erano già decisi dai precedenti governi Prodi, D'Alema e Amato che si erano occupati di euro.

Ma al di la di chi si dovrebbe prendere le maggiori responsabilità, l'introduzione dell'euro ha dato una percezione di raddoppio dei prezzi, o se vogliamo di dimezzamento degli stipendi. Gli economisti armati di statistiche ufficiali si accaniscono contro chiunque afferma una cosa del genere, dicendo che gli aumenti sono dovuti essenzialmente all'inflazione.

Ma più si scende nelle classi sociali italiani, più questa sensazione è forte. Forse perché aumenti esorbitanti si sono avuti nei prezzi dei beni essenziali, provocando la perdita di valore proprio dei salari più bassi. Chi guadagnava un milione e mezzo o due di lire al mese, ed aveva quindi condizioni di vita decenti, oggi si ritrova tra i 750, 1000 euro al mese che consentono una vita piuttosto grama. Molti italiani hanno accusato il governo Berlusconi di allora, di non aver provveduto ad effettuare i necessari controlli su prezzi e listini. E a questi mi associo anch'io, anche se penso che ci sarebbe stato un metodo molto semplice per farlo: continuare a mantenere ed utilizzare la lira a fianco dell'euro.

Ci sono stati diversi livelli di aumenti in più campi. Basti ricordare che un caffè nel 2000 costava 1000 lire, oggi costa un euro, un euro e dieci, cioè il doppio. Ma ci sono stati aumenti esorbitanti anche nelle tariffe dei servizi. Le bollette sono aumentate sempre più, a seguito di tutte le fasi di privatizzazioni, che sono state un sistema per trasformare monopoli pubblici, in altrettanti privati. E quindi molto più costosi.

Poi ci sono stati aumenti esorbitanti nel campo immobiliare, la casa degli italiani è diventata sempre più costosa. E questa volta, mi spiace per le statistiche degli economisti, qui c'è stato un raddoppio dei prezzi. Il giorno dopo l'introduzione dell'euro, gli agenti immobiliari hanno aggiornato il prezzo degli immobili cancellando solamente gli ultimi tre zeri (da 200 milioni a 200 mila euro per es.). Qui la speculazione è stata agevolata dall'introduzione dell'euro, dalla finta area valutaria omogenea, che ha consentito al mondo finanziario del nord Europa di venire in Italia a portare un fiume di liquidità a basso costo (come in anche in Spagna, Grecia e Portogallo). Gli immobili costavano il doppio, ma il mutuo era concesso  tutti.

Oggi la festa è finita, infatti gli immobili stanno perdendo velocemente valore (-25% circa) a causa del credit crunch bancario, ma le situazione mette in crisi l'edilizia. Infatti in questa industria, al contrario di quanto avvenuto in altri comparti sottoposti a concorrenza estera, i prezzi sono aumentati seguendo la speculazione immobiliare. Forse è stata l'unica industria a riadeguarsi al "raddoppio" dei prezzi dell'euro.

Pochi strati sociali in Italia in questi dieci anni sono riusciti a riadeguare le proprie entrate all'aumento enorme dei prezzi. Alcuni commerciati in nicchie di mercato, alcuni professionisti già affermati, pochissime industrie in campi avanzati non sottoposte alla concorrenza dell'estremo oriente. Qui non mi è chiara la strategia della classe dirigente italiana, che ha osservato e lasciato fare. Probabilmente l'idea di fondo era che se gli stipendi si svalutavano aumentava di contro la mitica "competitività" liberista e quindi il paese si avvantaggiava. Purtroppo questa è una competitività debole, non basata su maggiori competenze e idee migliori, ma solo sul taglio dei costi.

Ma il calcolo è stato sbagliato in pieno: l'unico risultato ottenuto è stato quello di distruggere la domanda interna. Una volta consumati i risparmi in precedenza accumulati, molti italiani si sono ritrovati in bolletta. E questo effetto ha provocato un circolo vizioso: caduta della domanda, chiusura di aziende, licenziamenti, ulteriore caduta della domanda e il ripetersi del giro vizioso.

Questo conferma un dato strabiliante: l'Italia è veramente un paese un tempo ricco e tenace. Gli italiani hanno resistito a 10 anni di dimezzamento del loro potere d'acquisto, alla distruzione di quasi un terzo della potenzialità manifatturiera, alla concorrenza dei paesi emergenti, all'aumento di tasse enorme per riuscire a rimanere nell'area euro, ed al momento, a parte alcuni acquisti di titoli pubblici da parte della Bce, non abbiamo ancora ricevuto un euro di aiuto dall'Europa. E siamo ancora qui, malconci ma ancora vivi.

La storia non si fa con i "se", ma ogni tanto penso che se la doppia circolazione euro/lira fosse ancora in vigore oggi, difficilmente avremmo osservato un'escalation di aumento dei prezzi a cui abbiamo assistito in questi anni. Un aumento che ci ha tramortito, che ha generato confusione grazie alla facile erronea equivalenza di un euro uguale mille lire, ma di cui molti si sono accorti. Anche in questo caso i media main stream non hanno fatto il loro lavoro. Non hanno fatto inchieste serie e hanno fatto di tutto per sopire le proteste, semplicemente non parlando del problema.

Oggi con l'austerità in effetti si tenta di tornare indietro di dieci anni. L'austerità serve anche a deflazionare prezzi e stipendi. Si vorrebbe in effetti far tornare il caffé a 55 centesimi. Ma ora è molto complicato raggiungere l'obiettivo senza produrre nova povertà e disperazione, sarebbe stato più semplice mantenere vitale la lira, anche senza stampare più banconote, ma continuando a scrivere i prezzi sui cartellini in lire (con la stessa visibilità degli euro) e continuando ad accettare vecchie banconote. I prezzi sarebbero aumentati comunque, ma probabilmente con un ritmo molto inferiore. Oggi ci ritroveremo quindi in una situazione migliore di quella che viviamo.

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