martedì 6 agosto 2013

Doppia minaccia per il Pd



La prima minaccia è nota a tutti. Berlusconi dopo le vicende della Cassazione minaccia di togliere la spina al governo. Per ora lo tiene in sospeso ("per le palle" direi usando un francesismo):

"«Nessuno ci venga a dire che questa è una manifestazione eversiva. O che noi siamo irresponsabili. Il governo deve andare avanti, il parlamento deve andare avanti per approvare i provvedimenti economici adottati». Pieno sostegno a Letta dunque.
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E promette: «Io resto qui, io non mollo, combatteremo tutti insieme questa battaglia di democrazia e di libertà». "

(www.corriere.it)

Le parole di Berlusconi sembrano una rassicurazione per Letta, ma nemmeno quest'ultimo ci crede molto ed infatti afferma che si vedrà nel concreto a settembre se le cose stanno così. Il mio parere è che all'ex Cavaliere non conviene uscire ora dal governo. Vorrà prima verificare dove portano le parole del comunicato del Quirinale:

"Ritengo ed auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l'esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all'amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso."
(www.quirinale.it)

E quindi vorrà sondare fino a che punto il Pd è disposto a calare le braghe e partecipare ad una "riforma" punitiva della magistratura con annessa amnistia che comprende il reato di Berlusconi. Il Pd ci ha ormai abituato a tutto e non mi stupirei corresse in soccorso del condannato/perseguitato anche questa volta.

". Francesco Nitto Palma, presidente della Commissione Giustizia in Senato, già Guardasigilli, ci spiega la proposta del Pdl e come ha interpretato l’invito di Napolitano a modificare la disciplina
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Qual è la vostra proposta di riforma?

Anzitutto, crediamo che la magistratura debba essere autonoma e indipendente, ma non per questo priv a di alcun tipo di controllo. In tal senso, quindi, auspichiamo l’introduzione della responsabilità civile per i magistrati; occorre, poi, procedere - come nella maggior parte dei Paesi civili occidentali - alla separazione della carriere tra giudici a magistrati; inoltre, il principio del giusto processo, inserito nell’articolo 1 1 1 della Costituzione, v a pienamente rispettato; il giudice, infine, deve ascoltare tutti i testimoni in condizioni di parità con l’accusa, come sancisce l’articolo 6 della Convenzione, accolto dal nostro ordinamento ai sensi dell’articolo 1 0 della Costituzione («L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute») e, di conseguenza, di natura para-costituzionale se non,  ddirittura, prev alente rispetto alla Carta.

Cosa ne pensa dell’invito di Napolitano a riformare partendo dalla relazione conclusiva dei saggi?

Va detto, anzitutto, che è sufficiente rileggersi i discorsi di Napolitano per capire come sia sempre stato proprio lui, probabilmente, il più duro di tutti sul mondo della giustizia. Mi riferisco, ad esempio, alle sue affermazioni sull’uso eccessiv o della custodia cautelare o delle intercettazioni telefoniche, sulla vergogna della fuoriuscita delle notizie coperte da segreto istruttorio, sulla necessità di regolamentare l’ingresso e l’uscita dalla politica dei magistrati, o sul sistema correntizio alla base di molte della decisioni del Cms. Per quanti riguarda il testo dei saggi, ritengo che possa essere considerato una buona base da cui partire. In particolare, in riferimento alla proposta di limitare l’uso delle intercettazioni.

C’è qualcosa di quel testo che non condividete?

Ma no, mi pare sufficientemente condivisibile
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Su questi temi, crede che troverete un accordo con il Pd?

Penso proprio di no. D’altro canto, la sinistra è ormai diventata il megafono dei pm. Da oltre 20 anni ha coperto il v uoto della sua offerta politica con le vicende giudiziarie e ora si trov a costretta a pagare un debito di riconoscenza con la magistratura"


Il Pd dovrà cedere qualcosa se vuole sventare la minaccia berlusconiana. Ricordo che la vera minaccia per il Pd non è perdere il governo, di cui non gli importa un gran che, ma quella di cedere il potere politico in Itala a forze eversive che vadano a mettere in discussone le tremende politiche di austerità europee. 

Questo è un fenomeno che sta avvenendo in tutto il continente: le élite tecnocratiche e finanziarie si stanno alleando e stanno tenendo assieme pezzi di potere al solo fine di mantenere una parvenza di pace sociale e di finta tenuta democratica del sistema europeo. Tutto per salvare l'euro e certe istituzioni europee come la Bce. In Italia il Pd è il maggiore rappresentante di queste forze, per il semplice fatto che le altre o sono troppo piccole e insignificanti (Scelta Civica) o in mano a capi/padroni che sono poco influenzabili se non del tutto autonomi dalle élite suddette (Pdl e M5s).

E qui viene la seconda minaccia al Pd, forse la più subdola: l'apertura dal M5s per un futuro governo. Ecco le dichiarazioni di Grillo (con smentita ufficiale in stile berlusconiano):

"Beppe Grillo si lascia andare: «Ho promesso riforme, mi sono impegnato per abolire il Porcellum. Se cade il governo, non si vota. E allora devo concretizzare i nostri voti, altrimenti resto con il cerino in mano».
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Il Capo del grillismo è preoccupato: «Se non faccio niente, la Rete non me lo perdonerà. È un casino, ma stavolta sarebbe difficile dire no come a marzo...». Da giorni Grillo chiede in giro e sonda gli umori della gente.
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E infatti immagina le tappe di un'eventuale crisi: «Se cade il governo, il cerino mi resta in mano. Napolitano non ci manderà mai al voto. Guarda che lui ha già le dimissioni firmate in tasca! Piuttosto, si dimetterebbe e così resteremmo invischiati in nuove elezioni per il Quirinale...».

Ma Beppe guarda soprattutto in casa. Con un briciolo di apprensione: «Stavolta noi siamo in difficoltà. Se si crea lo stallo, che facciamo? In qualche modo bisognerà uscirne». Sa che l'amato web lo invita a cambiare l'Italia, è consapevole soprattutto di un rischio: «Se non facciamo nulla ci logoriamo». Il Movimento tiene assieme anime inquiete, intransigenti e dialoganti, falchi e colombe. «Fra i miei c'è chi vuole un accordo con il Pd. Altri non lo vogliono. Devo tenerli assieme. Anche perché sono tutti uomini e la carne è debole...».
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Eppure la voce, insistente, è che Gianroberto Casaleggio ostacoli il dialogo, in barba al leader genovese. Tanto intransigente l'uno, quanto tormentato e possibilista l'altro. "

(www.wallstreetitalia.com)

Se il M5s è probabilmente in disaccordo internamente sulle scelte da fare, lo sarà ancora di più il Pd nel caso si prospettasse il momento di farle sul serio.
Malgrado alcuni esponenti del M5s abbiano fatto balenare la possibilità di un accordo, quelli del Pd tacciono e fanno finta di non sentire. 

Qui il discorso è più complesso: ci sono due Pd. 
C'è quello popolare che ha ancora un forte radicamento nelle sezioni territoriali che vedrebbe di buon grado un'alleanza con Grillo. Gli attivisti del Pd sono molto simili a quelli del M5s. 
Poi c'è il Pd che deve dar conto dei suoi debiti con le banche, quello ricattabile, quello che per forza di cose deve proseguire le politiche europee, quello che per intenderci non ha nemmeno voluto (o potuto) votare R. Prodi alla presidenza, in quanto inviso alla Germania e a Bruxelles.

L'alleanza con il M5s è insidiosissima per questa parte occulta, ma potente, del Pd. Significherebbe mettere in dubbio le politiche dell'austerità e dover sostenere compromessi ancor più "dolorosi" della cancellazione dell'Imu sulla prima casa. Cioè si tratterebbe di dover discutere di reddito di cittadinanza, cancellazione delle spese inutili (con relative tangenti già incassate...) come F35 e Tav, cancellazione dei rimborsi elettorali, eliminazione delle Fondazioni bancarie ed altre "tremende" proposte suicide per un partito come il Pd che è ormai una voragine clientelare gigantesca.

Il Pd si trova ora fra l'incudine e il martello. Berlusconi per quanto sconfortato dal verdetto della Cassazione lo sa bene. Per questo proverà a portare a casa la riforma della giustizia che vuole lui, e pensa di poterla far digerire ad un Pd che lotta fra il mantenimento del proprio elettorato e il ricatto finanziario a cui è sottoposto dalle élite europee.

Come per i berlusconiani, anche nel Pd non è detto che i suoi dirigenti abbiano sufficiente sangue freddo per riuscire a sopportare tutto. Se ad un certo punto i fedelissimi dell'ex Cavaliere potrebbero sbottare e dare di matto decidendo di far saltare il banco, anche nel Pd il limite di sopportazione potrebbe essere quasi superato e portare il partito a frantumarsi e ribellarsi alle imposizioni esterne, all'alleanza innaturale con Berlusconi, a nuove leggi ad persona che i suoi esponenti dovrebbe contribuire a varare.

Il sistema politico italiano, come l'economia e le finanze statali è alla massima pressione. Malgrado i grandi media cerchino di sopire il più possibile e rasserenare il clima, da qualche parte la grande pressione potrebbe provocare una deflagrazione irreparabile. E forse non sarebbe nemmeno male. Anche perché è innaturale mantenere così compresso il sistema politico e sociale. In questo modo non si fa altro che rimandare il momento dell'esplosione, della resa dei conti e nello tesso tempo la si renderà ancora più distruttiva.

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