mercoledì 3 ottobre 2012

Avvertimenti e presagi



Un po’ di segnali espliciti e nascosti giunti in giornata di ieri, che vanno in una sola direzione, quella del peggioramento dello stile di vita degli italiani.

Cominciamo dal segnale  più simpatico, ma comunque preoccupante per la nostra società industriale:

Se si vendono più biciclette che automobili (e nessuno se ne accorge)

“Le vendite di biciclette nel 2011 hanno superato le vendite di automobili per la prima volta dal dopoguerra. Le cifre ufficiali parlano di  1.748.143 automobili contro 1.750.000 biciclette, uno scarto minimo, ma che dà il polso di quanto sta accadendo in Italia: gli Italiani comprano sempre meno automobili e cercano modi alternativi di muoversi.
Sarebbe bello pensare che gli Italiani all’improvviso si siano scoperti un popolo attento alla sostenibilità ambientale e alla propria salute, ma la realtà è un’altra: la crisi sta modificando il modo in cui si affrontano i bisogni quotidiani, in questo caso specifico, il bisogno di mobilità.”

Fantastico, invece di migliorare, di andare verso un prodotto industriale migliore, auto elettriche, nuovi combustibili puliti ecc. si sta tornando agli anni ’50. Rivedremo le nostre cittadine di provincia invase da un mare di biciclette come nella Cina maoista? Con la differenza che mentre i cinesi bramano di possedere una vettura e una vita all’occidentale, noi cinesizzandoci, andremo verso il passato. Verso lo stile di vita degli anni del dopoguerra. Altro che i-phone.

Poi arriva l’ennesima certificazione in carta bollata del fallimento del governo di Mago Monti. Possibile che così in pochi si accorgano che il nostro premier è un emulo del Divino Otelma?

Corte dei Conti, il pareggio di bilancio nel 2013 poggia su un “equilibrio precario”

“Sacrifici tanti, risultati pochi. E’ sempre più in salita la strada di Mario Monti verso il mantenimento delle promesse fatte a Bruxelles sui conti dell’Italia … A mettere una nuova pietra sul raggiungimento pareggio di bilancio nel 2013, è stata la Cortedei Conti
La preoccupazione è stata espressa dalla magistratura contabile stamattina alla Camera dopo l’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) datato 20 settembre, nel quale il governo aveva rivisto al ribasso le stime sul Pil a -2,4% per il 2012 e a -0,2% per il 2013. Nonostante ciò, Monti aveva confermato l’obiettivo di pareggio con l’escamotage del riferimento al “pareggio in termini strutturali“. Una formula peraltro già usata in aprile, quando il pareggio di bilancio era stato inserito nella Costituzione.

Ma la Corte dei Conti è andata oltre i giochi di parole ed è entrata nel merito della realtà dei fatti. Secondo quanto ha affermato il presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, ..., la somministrazione di “dosi crescenti di austerità” e l’aumento della pressione fiscale sono una “terapia molto costosa e, in parte, inefficace” in assenza di una “rete protettiva di coordinamento e di solidarietà e soprattutto se incentrata sull’aumento del prelievo fiscale”.

Per la Corte, quindi, “si è di fronte a evoluzioni contraddittorie: si realizzano risultati importanti nel controllo della finanza pubblica, ma i mercati li riconoscono solo in parte. Si continuano a inasprire le manovre correttive, ma l’economia reale non riesce più a sopportarne il peso”.  Una cura che “non offre neppure certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie”. Si tratta, ha aggiunto, di una spirale negativa che “è ben evidenziata dall’esame della situazione italiana”. 

Non solo. L’approfondimento della recessione, secondo i magistrati contabili, “ha impedito di conseguire gli obiettivi di entrata, nonostante gli aumenti discrezionali di imposte con cui il governo ha cercato di compensare la ciclicità del gettito fiscale”. Ed esiste il “pericolo di un corto circuito rigore-crescita, favorito dalla composizione delle manovre correttive delineate nel Def: per quasi il 70% affidate, nel 2013, ad aumenti di imposte e tasse“. Secondo Giampaolino, inoltre, già il Def “evidenziava tutte le difficoltà di gestione del bilancio pubblico nelle condizioni, ormai durature, diperdita di prodotto interno lordo“. “

Ma pensa un po’… con l’austerità non si risolve la crisi italiana (e nemmeno greca o spagnola...), anzi forse la si peggiora. Adesso verrà magari fuori che alla Corte dei Conti sono tutti berlusconiani, o vendoliani, o grillini populisti… chi può dirlo.

E invece i veri fuori di testa stanno nel governo e in Europa. Ma comunque Monti potrà sempre dire che il suo pareggio di bilancio, è un po’ come la “ripresa che è dentro di noi”, un concetto new age. Infatti lo chiama “pareggio in termini strutturali”. Che vorrà significare? Potremmo chiedere una spiegazione al Mago Otelma…

E poi arriva Squinzi a mostrarci il futuro industriale dell’Italia, ed il quadro per oggi è completo:

“«Non vediamo la ripresa. Salvo miglioramenti sarà verso fine 2013, ma per una vera ripresa faccio la firma per il 2015». È questa la valutazione del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, …. Squinzi ha ribadito che in Italia occorre recuperare almeno 10 punti dello svantaggio di pressione fiscale rispetto alla Germania (che é di 20 punti). A questo scopo «bisognerebbe lavorare di più».
Quanto? «Si fa presto a fare i conti se vogliamo recuperare il 10%».
Per quanto riguarda infine il cammino che deve compiere l'Italia in questa fase, Squinzi ha detto
che l'Italia «deve lavorare ancora duro come Paese» per procedere nelle riforme strutturali.”

Capito? dato che lo stato non taglierà le tasse alle imprese, per Squinzi si deve lavorare il 10% in più: 4 ore in più alla settimana, cioè circa 2 giornate in più al mese e 24 giorni circa in più all’anno. Come se lavorassimo un mese in più… ma non per noi, per le imprese e lo Stato. Perché poi Sqinzi non dice se dovremmo farlo gratuitamente (a stipendio invariato) o aumenterà lo stipendio di conseguenza del 10%.

Secondo il blogger Phastidio, la cosa però non sta in piedi:

“Oggi il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha dichiarato di “avere un sogno”: recuperare un 10 per cento di competitività (ognuno ha i sogni che si merita, del resto). E come riuscirci? “Lavorando di più.
Siamo in una fase congiunturale caratterizzata da estrema debolezza della domanda, ed il fenomeno è del tutto generalizzato. 
Quindi, pensare ad una uscita “produttivistica” dalla crisi come fa Squinzi (oltre a Polillo e Fornero, del resto) è del tutto illusorio e nasce da scarsa comprensione della realtà, escludendo che si tratti invece (cosa più probabile) di pietose bugie.
Intesa Sanpaolo ha proposto ai sindacati la riduzione di otto giornate lavorative l’anno, fino al 2015, come somma di un taglio di quattro giorni di ferie, due di ex festività, e due di corvée, cioè di prestazione lavorativa non retribuita. E’ l’alternativa più immediata e percorribile all’approccio “lavorare di più”,
Andiamo verso una società low cost, cioè verso un aggiustamento deflazionistico con sostanziale scomparsa del welfare: che del resto già da tempo, in un paese come il nostro, era in stato comatoso. Tra qualche anno tutto il panorama italiano sarà completamente cambiato. Speriamo solo che le macerie non ci impediscano di camminare.”

Quindi il lavorare di più potrebbe essere si un modo di aumentare la produttività (ancora meglio se non o poco retribuito), ma se la crisi perdura e la domanda continua a cedere, nemmeno offrirsi come schiavi servirà a qualcosa. Purtroppo quello che si intravede del nostro futuro da questi segnali, non è molto confortante.

La Cortedei Conti ci dice che la politica economica del governo è velleitaria. E la Confidunstria ci conferma che la ripresa la vedremo con il binocolo. Se non altro ne gioverà l’ambiente (meno auto) e la nostra salute (più movimento e meno cibo): avete già prenotato la vostra bicicletta cinese?

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