lunedì 21 maggio 2012

Terremoto anomalo?



Non è la prima volta che in Italia un terremoto di una certa intensità interessa una zona che è catalogata come moderatamente pericolosa. Per esempio il terremoto in Piemonte in provincia di Asti e di Alessandria:

"Il terremoto del 21 agosto 2000 fu un evento sismico di forte intensità che colpì il Piemonte meridionale, in particolar modo le provincie di Asti e Alessandria. Due scosse nel giro di pochi istanti (4,6 e 4,8 Richter - VII Mercalli[1], ad un intervallo di una ventina di secondi circa l'una dall'altra, tra le 19:14 e le 19:15) seminarono il terrore tra la popolazione. L'epicentro si verificò nella zona tra Nizza Monferrato, Canelli e Acqui Terme, precisamente nei comuni di Bergamasco (AL), Cortiglione, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo(AT). 
...

Effetti

Migliaia furono le segnalazioni alla protezione civile di danni in abitazioni, edifici pubblici o chiese (alcune di queste rimaste inagibili per alcuni mesi) e diverse le evacuazioni, soprattutto nelle zone della provincia di Asti. Numerose abitazioni o edifici pubblici dichiarati parzialmente o totalmente inagibili[2]. Diversi calcinacci e comignoli caduti per le strade (ad Asti fu travolta e distrutta una macchina da un grosso calcinaccio, fortunatamente vuota), e alcune persone ricoverate all'ospedale a causa di crisi di panico o malori dovuti allo spavento per la scossa. Il sisma fortunatamente non provocò crolli totali e non ci furono feriti gravi o vittime."
(it.wikipedia.org)

Eppure la zona è catalogata dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia come non sismica (vedi cerchio rosa sul Piemonte), in zona 4° (la zona 1° è la più pericolosa).

Anche il terremoto in Provincia di Ferrara è anomalo. Interessa una zona catalogata come 3°, moderatamente pericolosa. Le mappe di pericolosità sono stilate in base a calcoli statistici che prendono in considerazione i terremoti del passato.

"Nell'ambito del progetto GNDT per la nuova proposta di classificazione sismica del territorio nazionale è stato privilegiato un metodo probabilistico consolidato e preso a riferimento anche da numerosi progetti internazionali. Tale metodo - detto di Cornell, dal nome di colui che l'ha per primo proposto negli Stati Uniti degli anni Settanta - prevede:

i) che vengono riconosciute nel territorio le zone o strutture responsabili della sismicità (zone o sorgenti sismogenetiche);

ii) che sia quantificato il loro grado di attività;

iii) che si calcoli l'effetto provocato da tali sorgenti con la distanza.

Per questo si usa dire che gli elementi basilari per procedere al calcolo della pericolosità sismica col metodo di Cornell sono una zonazione sismogenetica dell'area studiata, un catalogo di terremoti, ed una o più relazioni di attenuazione del parametro sismologico scelto quale indicatore di pericolosità. Nell'ambito delle attività del GNDT, è stata elaborata una zonazione sismogenetica del territorio italiano e regioni limitrofe che considera 80 sorgenti, omogenee dal punto di vista strutturale e sismogenetico; è stato predisposto un catalogo finalizzato alla pericolosità per i terremoti avvenuti nell'intervallo temporale dall'anno 1000 al 1980 sul territorio nazionale e regioni limitrofe che consiste di oltre 3000 eventi principali (le repliche sono escluse); sono state validate, o sviluppate a partire dai dati osservati in occasione di diversi terremoti significativi, le relazioni di attenuazione dei due indicatori di pericolosità di interesse, ovvero l'accelerazione orizzontale di picco, e l'intensità macrosismica.

I risultati di questa metodologia sono in genere riferiti ad un certo livello di probabilità in un dato periodo di tempo; le figure presentate illustrano il valore dell'indicatore di pericolosità che si prevede non venga superato nel 90% dei casi in 50 anni. I risultati possono anche essere interpretati come quel valore di scuotimento che nel 10% dei casi si prevede verrà superato in 50 anni, oppure la vibrazione che mediamente si verifica ogni 475 anni (cosiddetto periodo di ritorno). Si tratta di una scelta convenzionale utilizzata nel mondo ed in particolare in campo europeo è il valore di riferimento per l'Eurocodice sismico. Non corrisponde pertanto nè al massimo valore possibile per la regione, nè al massimo valore osservato storicamente, ma è un ragionevole compromesso legato alla presunta vita media delle strutture abitative."
(emidius.mi.ingv.it)

Quindi è normale che eventi sismici più potenti di quelli medi misurati storicamente e riportati sulle carte sismiche si presentino oggi. Purtroppo l'Italia è una terra sismica e non ci sono possibilità di derogare. Anche in regioni o province in cui storicamente non si sono verificati terremoti frequenti, è necessario adottare misure antisismiche. Non è più possibile rischiare. Ed è quanto mai necessario predisporre una rete di monitoraggio dei "segnali premonitori" dal radon (www.fondazionegiuliani.it) ai segnali geomagnetici (www.menichella.it) o algoritmi basati su dati statistici (www.menichella.it).

Utilizzando un mix di questi precursori e di apposite centraline sul territorio è possibile già oggi allestire un meteo-terremoti come si prefigge il IEVPC.

"Dott. Gregori, ci può spiegare cos’è l’IEVPC, come opera e quali sono i suoi scopi?

È una iniziativa che mira a fornire un servizio analogo a quello del servizio meteorologico, concernente però – anziché la circolazione atmosferica – gli sforzi nella crosta terrestre.

...

Veniamo ora agli sforzi crostali. Questi si propagano nella crosta terrestre con lo sviluppo di vere e proprie “tempeste crostali”. Sono fenomeni di scala planetaria, che si propagano e durano alcuni anni, seguite da periodi di “quiete” (ovvero in periodi che nel gergo marinaresco si dovrebbero chiamare di calma piatta). I terremoti avvengono durante i periodi di “tempesta crostale”, e colpiscono solo là dove una qualche faglia sta accumulando energia elastica sufficiente a generare una scossa di intensità assegnata.
Quando arriva lo stimolo di una tempesta crostale sufficientemente intensa questo può talvolta essere la “scintilla” che scatena la catastrofe.
Ad es. nel caso del terremoto dell’Aquila, c’era la famigerata faglia di Paganica che poteva essere a rischio. In tal caso, se ci fosse stato questo servizio, sarebbe stato ragionevole installare una rete fitta di sensori attorno alla faglia, sperando di capire se stava localmente evolvendo verso un’eventuale criticità.

Ovvero l’IEVPC non fa previsioni di terremoti. Fa piuttosto diagnostica sullo stato della crosta terrestre e sul come gli sforzi crostali di propagano su scala planetaria. È certamente sicuramente possibile eseguire questa previsione di propagazione degli sforzi crostali.
Questo non vuol dire che i terremoti siano prevedibili! Così come non è prevedibile se e dove cadrà una goccia di pioggia.
Così pure non è possibile per un medico prevedere l’istante del trapasso di un suo paziente. Ma è assurdo asserire che il medico non può diagnosticare lo stato ed evoluzione della salute e dell’invecchiamento di un paziente! Così è un assurdo asserire che non è possibile diagnosticare lo stato della crosta terrestre, e delle sue “patologie” e relativa propagazione su scala planetaria, etc.

Mancherebbe altro che non fosse possibile prevedere questo!"
(www.meteoweb.eu)

Questo terremoto pone anche un problema politico, ben prima di quel che si sarebbe immaginato Monti. Tutto congiura contro le scelte di questo governo, non solo l'economia anche la natura:


"decreto legge n.59 sulla riforma della Protezione Civile.
...

Ne avevamo già dato l’annuncio, ora è ufficiale, tanto da essere uscito sulla Gazzetta Ufficiale. «La calamità naturale sarà a carico del cittadino. In caso di terremoto, alluvione, tsunami e qualsivoglia altra catastrofe, non sarà più lo Stato a pagare i danni. A ricostruire l’edificio crollato o pieno di crepe, casa o azienda che sia, dovrà provvedere il proprietario. A sue spese. O stipulando, previdente, una relativa polizza di assicurazione.
La novità, enunciata chiaramente, si trova nel decreto legge n.59 sulla riforma della Protezione Civile pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. In cui si afferma che «al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, possono essere estese tutte le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di fabbricato appartenente a privati». E questo per poter «garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione». Cosa che lo Stato non può più permettersi per cronica carenza di fondi»."
(kratospress.altervista.org)

Nessun commento:

Posta un commento